Niente più bavagli!
Un' Altra Voce per PALAGIANO e non SOLO's Fan Box
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venerdì 29 febbraio 2008
PS: Covo di scontenti o movimvento di una sinistra ancora viva?
giovedì 28 febbraio 2008
UNA CHICCA ANCHE SULL’ITALIA DI MEZZO E IL SISTEMA-FOLLINI: IL GIOCO DELL’ ASSOPIGLIATUTTO.
mercoledì 27 febbraio 2008
BELLA RICONOSCENZA, DA PARTE DEL DITTATORE ROMANO, A CHI HA SPIANATO LA STRADA, CON CORAGGIO, AD UN AUSPICABILE RINNOVAMENTO POLITICO.
Il leader del Pd aveva già deciso per l'accordo. E ai suoi l'aveva spiegata così: «Innanzitutto dobbiamo evitare che Di Pietro vada con la Rosa Bianca, e anche nel caso in cui andasse da solo ricordiamoci che potrebbe attirare tutti i voti dei girotondini e dei sostenitori di Grillo e questo ci porterebbe via consensi».(...)
Veltroni ha chiesto al leader dell'Italia dei Valori di poter metter bocca sulle sue candidature. Ed è accaduto così che ancor prima dell'incontro al loft il nome di de Magistris, inserito tra le candidature possibili di Idv, venisse cancellato con una bella croce sopra.
Da Reset, Libere Voci della Società Civile.
VELTRONI NON VUOL SENTIR PARLARE DI DE MAGISTRIS E LANCIA UN DIKTAT A DI PIETRO: non candidarlo!
Veltroni a Di Pietro: molti non ti volevano, ho deciso io. Bindi, Parisi e Polito contrari. De Mita sarà escluso all'ultimo momento per evitare che passi alla Rosa Bianca. Quando si è presentato al loft per siglare l'accordo con il Pd, Antonio Di Pietro era pronto a fare un'altra concessione al Partito Democratico. Tra le sue carte c'era un bozzetto con il simbolo dell'Italia dei Valori e la scritta «per Veltroni». Ma non vi è stato bisogno nemmeno di fare quel passo. Il leader del Pd aveva già deciso per l'accordo. E ai suoi l'aveva spiegata così: «Innanzitutto dobbiamo evitare che Di Pietro vada con la Rosa Bianca, e anche nel caso in cui andasse da solo ricordiamoci che potrebbe attirare tutti i voti dei girotondini e dei sostenitori di Grillo e questo ci porterebbe via consensi». Ragionamento non tanto campato in aria perché tra i molti bozzetti che l'ex magistrato aveva fatto preparare ve ne era anche uno in cui figurava un'elegante rosa bianca. Le condizioni poste da Veltroni a Di Pietro sono state tre. La prima era stata già accettata: fare gruppo parlamentare comune nella prossima legislatura. La seconda anche. Veltroni ha chiesto al leader dell'Italia dei Valori di poter metter bocca sulle sue candidature. Ed è accaduto così che ancor prima dell'incontro al loft il nome di de Magistris, inserito tra le candidature possibili di Idv, venisse cancellato con una bella croce sopra. Terza condizione: poiché il Pd dovrà procedere a un certo rinnovamento, Di Pietro deve promettere che non metterà in lista i parlamentari del Partito Democratico fatti fuori, che non saranno pochi. Alla fine, per esempio, non verrà candidato l'ottantenne Ciriaco De Mita ma per bocciarlo si aspetta l'ultimo momento utile, onde evitare che passi armi, bagagli e voti irpini alla Rosa Bianca. Intesa siglata, dunque. Del resto anche il ministro delle Infrastrutture un suo interesse lo aveva: i sondaggi lo davano oscillante tra il 3,5 e il 4,5 per cento. Insomma, Di Pietro non aveva la matematica certezza di passare il quorum necessario a chi non si apparenta. Veltroni, nel colloquio con il leader dell'Italia dei Valori, è stato franco: «Guarda che una parte del Pd non ti voleva, ma siccome ogni decisione è stata delegata a me io ho stabilito di stringere questo accordo ». Accordo che non piace ad Arturo Parisi («è uno sbaglio»), a Rosy Bindi, a tanti prodiani, a una parte degli ex ppi, ma anche a un personaggio come il senatore Antonio Polito, che dice: «Sono contrario». Ma così è. Quello con Di Pietro è l'unico accordo che Veltroni ha intenzione di siglare. Ai radicali contropropone la vecchia offerta: tre posti nella lista del Pd, a Emma Bonino, Marco Cappato e a uno dei deputati uscenti. La maggior parte del gruppo parlamentare radicale non è insensibile a questa profferta e dicono che anche Bonino sia lusingata. Ma, come sempre avviene in quel partito, non si muove foglia che Pannella non voglia. E il carismatico leader non vuole. Almeno finora, perché Veltroni, Goffredo Bettini e Dario Franceschini non disperano in questi giorni di rendere più malleabile Pannella. Con i socialisti, invece, è guerra aperta. Non vogliono qualche strapuntino? Pazienza, si presentino da soli. «Tra l'altro vedrete che prima o poi qualche socialista verrà», è il convincimento di Veltroni. Ma Enrico Boselli ha intenzione di vendere cara la pelle: «Allearsi con il manettaro Di Pietro e non con noi riformisti? Il Pd vuole cancellarci». E i socialisti meditano già le possibili contromosse: «Ricordate — osserva Roberto Villetti — che questa primavera ci sono anche le amministrative e se noi decidessimo di andare da soli, il Pd perderebbe diverse giunte...».
Maria Teresa Meli 14 febbraio 2008.
PRIMA DEL VOTO, CONOSCERE BENE VELTRONI: UN'OCCASIONE IN PIU'.
Le accuse per il dirigente, contenute in un’interrogazione comunale presentata dall’allora diessino Lionello Cosentino e dal coordinatore della maggioranza Silvio Di Francia, e poi finite in un esposto, sono di peculato: Petroni avrebbe «sottratto» 45mila euro, utilizzando «impropriamente» una carta di credito, un cellulare e un’auto aziendali.
Petroni respinge gli addebiti, spiega che quei viaggi erano per lavoro, così come le telefonate e i tanti chilometri percorsi dall’auto aziendale.
Ricorda che quella cifra, 45mila euro, è «comprensiva» degli straordinari pagati agli autisti e delle spese di rappresentanza di 18 mesi di presidenza.
E presenta un «controesposto» in procura contro l’Ad di Trambus Filippo Allegra e gli assessori comunali al Bilancio e ai Trasporti, Marco Causi e Mario Di Carlo, chiedendo di «verificare se nel loro comportamento possano ravvisarsi pressioni per convincerlo a dimettersi».
Eppure, circa due settimane dopo, il primo luglio, Petroni finisce indagato per peculato.
Fabio Petroni ha cambiato lavoro e città, se n’è andato a Londra, ha messo sé stesso e le sue idee al servizio di una società di trasporti low-cost, la Terravision, che partendo proprio nel 2002 con la tratta Roma-Ciampino collega oggi molti aeroporti europei alle rispettive città: Vienna, Londra, Milano, Firenze, Dublino.
E qualche tempo fa Petroni, a Roma, ha battezzato la Fondazione europea contro gli abusi di potere, finanziata con il risarcimento ottenuto per un errore giudiziario.
Della vicenda di Trambus, anche in conferenza stampa Petroni ha preferito non parlare.
«Non vorrei commentare questo procedimento fino a che non sarà concluso», ha spiegato, spingendosi a ringraziare Veltroni per «avermi ignominiosamente rimosso, consentendomi di avere successo in Gran Bretagna», e limitandosi a ricordare che nel frattempo l’accusa di peculato è stata derubricata in appropriazione indebita.
L’ex numero uno di Trambus resiste insomma alla tentazione di togliersi il sassolino dalla scarpa, ma si concede un fugace riferimento all’«opacità» delle gare d’appalto nel settore trasporto a Roma, riscontrata anche dall’Antitrust.
In mancanza di altri riferimenti, basta un salto sul sito internet dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato per scoprire che, in effetti, a novembre scorso è stato aperto un provvedimento (il numero 14830) per «presunte distorsioni della concorrenza nel trasporto pubblico locale», relativamente a un bando di gara del Campidoglio per i servizi aggiuntivi di trasporto pubblico.
Un’appalto da quasi 190 milioni di euro, per il quale l’anno scorso l’unica domanda è stata presentata dalla stessa associazione temporanea d’imprese che aveva già vinto nel 2001.
Battendo, quella volta, anche Trambus, che presentò invano, per iniziativa del suo vecchio presidente, ricorso al Tar.
Sfogliando i dati del provvedimento dell’organismo presieduto da Antonio Catricalà, si scopre che l’Authority ha ritenuto gli elementi «suscettibili di configurare un’intesa restrittiva della concorrenza», e sufficienti per avviare un’istruttoria, che si concluderà entro il 31 dicembre prossimo: la guardia di finanza, peraltro, avrebbe già sequestrato la documentazione relativa alla nuova - e alla vecchia - gara d’appalto.”
M. Malpica, pubblicazione nr.49 del 27 febbraio 2008 de ilGiornale.it
lunedì 25 febbraio 2008
IL MISTERO DI PIETRO-VELTRONI
C’è chi si chiede se questo non sia il preludio di un ritorno al partito dei giudici.
E chi invece ne fa un problema di coerenza rispetto a quella che fino a giovedì sembrava l’ossessione di Walter Veltroni: partiti omogenei per maggioranze di governo solide.
Che vede sfumare la possibilità di varare alcune riforme con un consenso ampio.
Quella della giustizia, «a questo punto ha poche possibilità di riuscita», ha osservato ieri il Cavaliere, «molto stupito» per la scelta di Veltroni «di mettersi con il giustizialista Di Pietro che ha una storia drammatica e terribile alle spalle».
Tranchant la conclusione di Berlusconi: «Aveva detto che correva da solo, si è rimangiato la parola...».
Perché le critiche sono arrivate anche dall’interno.
E alle quali replica direttamente l’ex pm: «Veltroni può vincere e governare bene, senza pugnalate alle spalle».
Ieri ha spiegato che l’accordo è in funzione di un ingresso di Italia dei valori nel Pd; che la decisione era stata presa già da qualche tempo, ma che il tutto è stato bloccato da una «rottura traumatica».
Quindi la frattura tra Di Pietro e Mastella.
Ma i danni maggiori sono appena fuori dal recinto del Pd.
Tra gli alleati attuali e potenziali colleghi di maggioranza in futuro.
La sinistra arcobaleno è intervenuta al massimo livello, con Fausto Bertinotti che chiede al Pd di «giustificare» una scelta che gli appare «incomprensibile».
«Dopo aver tanto parlato di omogeneità programmatica - osserva il leader di Rifondazione comunista - posso ricordare che il Pd ha votato per l’indulto e Di Pietro contro? Mi pare una contraddizione - aggiunge il candidato premier dell’Arcobaleno - fra l’affermazione sulla omogeneità e i comportamenti tenuti in questa legislatura, non in un’altra, e non solo su questo punto dell’indulto».
Si tratta, per Bertinotti, di «un’alleanza che rende meno limpida la scelta di correre da solo che il Pd ha annunciato.
Qui c’è un ammiccamento al risultato elettorale a costo di qualche sacrificio della linearità». Insomma l’esatto opposto rispetto a quello che vorrebbe rappresentare Walter Veltroni.
«Non ci si può neppure dire che il Pd non fa alleanze perché ha appena contraddetto questa scelta», osserva lo stesso Boselli.
Anche Gavino Angius, ex esponente dei Ds approdato ai socialisti critica la scelta di includere Di Pietro. E dà ragione a Bertinotti sull’incoerenza mostrata da Veltroni.
E, sempre dallo stesso partito, Valdo Spini mette in dubbio il valore politico dell’operazione: «Si dice di no all’apparentamento con una forza di sinistra, riformista come il Partito Socialista, e si dice invece di sì all’apparentamento con una formazione politica, che tutto è fuorché di sinistra, come l’Italia dei valori di Antonio Di Pietro».
A.S. da ilGiornale.it
domenica 24 febbraio 2008
Politica: Arte di governare gli stati, Amministrazione della cosa Pubblica!!
In tutto questo marasma dei partiti, in una fase così confusa dove il Berlusca denuncia Veltroni di aver ricopiato il suo programma elettorale, in un contesto in cui non si capisce più il motivo per il quale i politici di sinistra tartassano gli operai mentre gli uomini di destra vogliono emanare leggi che vanno incontro alla detassazione dei redditi aggiunti quali straordinari, ICI etc. In una fase storica dove l'identità ideologica dei partiti pare ormai talmente superata che si guarda alla dottrina politica del partito, come a una fotografia ingiallita, che non può essere buttata solo perché carica di legami affettivi. In tutta questa odissea politica che sta vivendo la nostra bella ITALIA, esistono ancora partiti che sono baluardi delle ideologie e delle dottrine politiche, rispettivamente di destra e di sinistra? Esistono ancora dei modi di concepire la politica intesa come strumento per la realizzazione di programmi tesi a sviluppare un territorio secondo modelli di pensiero di destra o di sinistra? Spero di sbagliarmi! Ma IO SPERIAMO CHE ME LA CAVO!
venerdì 15 febbraio 2008
SAGGIO SULLA CAPACITA’ DI COMUNICARE, offerto da Cavallo
Ci impegneremo a fare il possibile per imparare bene quello che desidera insegnarci.
Intanto una cosa l’abbiamo già imparata: la propaganda di se medesimo.
Grazie Cavallo.
In tutta la Rete, intanto, la piazza virtuale si gonfia. Mezz'ora dopo l'attacco del premier, Kataweb lancia una petizione online. Sotto il titolo "Coglioni o orgoglioni" chiede ai visitatori del portale di autodenunciarsi, e di firmare perché il presidente del Consiglio chieda scusa. La risposta è massiccia, alle 21 le firme sono già più di dodicimila. Nei post che accompagnano l'adesione, la rabbia si alterna all'ironia, la sorpresa all'indignazione. In poche ore "Io sono un coglione" diventa uno slogan, un segno di appartenenza. Trova il suo logo, scaricabile da Kataweb, sulla falsariga del celebre smile: "Coglione? No, orgoglione". Va avanti così fino a sera, a tarda notte. La metamorfosi si compie rapidamente. L'offesa del Cavaliere è diventata un motivo di orgoglio. I giochi di parole sono infiniti. La fantasia si scatena. Lo sberleffo ("Tette, culi e coglioni li vediamo ogni giorno dalle sue televisioni") si unisce all'amarezza ("Che statista, che figura per l'Italia"). C'è la passione politica ("I coglioni li tiriamo fuori domenica prossima") e c'è il silenzio di tanti che scrivono solo "no comment", perché rimasti stupefatti. Ma in ognuno dei messaggi che allungano la lista della petizione si legge in controluce una sola frase: "Ora basta". Con il disincanto finale di chi accompagna la sua firma con la più retorica delle domande: "Cosa vi aspettavate da uno che si vanta di fare il playboy con una ministra finlandese e fa le corna ad un summit europeo?".
mercoledì 13 febbraio 2008
VELTRONI E LE SUE VERITA' NASCOSTE: LO CONOSCONO BENE SOLO I SUOI CONCITTADINI.
Rasha è autore del blog “I Corvacci” ed ha voluto raccontarci quello che il Sindaco di centro-sinistra della sua città ha compiuto nella durata del suo secondo mandato.
Buona lettura e buon divertimento…
“C’è un ulteriore sviluppo sui lavori, anzi sui non-lavori.
Stanno smontando i ponteggi, i lavori sugli obelischi sono finiti, senza che mai si sia presentato un operaio, senza un secchiello o strumento portato lì: solo il montaggio dei tubi innocenti e il montaggio dei teloni per la pubblicità che è piovuta alternandosi ogni due mesi.
Ora smontano tutto fingendo che i lavori siano finiti, ma è una truffa.
Già l’ex assessore La Regina aveva dichiarato che gli obelischi non necessitavano di manutenzione, e infatti stavano benissimo.
Io passo ogni mattina per andare a lavorare davanti all’obelisco di S.Giovanni che sta lì dall’estate del 2005, quando hanno montato i ponteggi, e non ho mai visto un operaio.
Per scrupolo ho chiesto ai negozianti che stanno lì di fronte e hanno confermato l’inghippo.
Dunque il Comune di Roma si è comperata la Zetema, azienda internazionale e multinazionale con sede a Matera, di dubbia trasparenza che si occupa di tutto e di niente.
Ad essa affida tutto: dalle mostre del cinema, alle notti bianche, al restauro dei monumenti.
Poichè hanno operai stipendiati, se incartano un monumento e lo scartano non gli costa un soldo di più, per cui la pubblicità appiccicata sopra, che remunera dai 25 ai 50000 € al mese se la beccano senza colpo ferire.
Riporto un articolo che può interessare, visione politica a parte:
- Da parecchio tempo tutti i romani che passano sul ponte Duca d’Aosta si saranno accorti dei ponteggi che da mesi nascondono il monolite, simbolo del Foro ”Italico”. Molti avranno pensato a un restauro , io invece sono stato scettico sin dal primo istante. Oggi sulla posta elettronica ho trovato un messaggio inviatomi dall’ ufficio stampa del consigliere comunale e vicepresidente della Commissione Sport: leggendo l’allegato ho avuto la conferma di non essere l’unico ad aver pensato che questo ” restauro ” dell’obelisco fosse solo la cancellazione delle scritte alla base. All’ esterno dell’ area di cantiere non compare, contrariamente alle attuali disposizioni di legge, il cartello con le note tecniche, come la data di inizio e di consegna dei lavori, e che al contrario di casi simili per il restauro di monumenti storici, come da delibera comunale, dovrebbe essere fedelmente riprodotta, almeno su un lato, l’immagine di come apparirà l’opera una volta ripulita e riconsegnata alla cittadinanza. Hanno forse qualcosa da nascondere? -
Ed ora l’intervista a La Regina, lo storico sovrintendente archeologo di Roma, il famoso «signorNo», noto per le sue impuntature sul fronte della tutela dei beni, ricorda che c’è un bene spesso trascurato e vilipeso, il paesaggio. «I cittadini hanno il più sacrosanto diritto a poterne usufruire liberamente, senza essere colpiti e annientati da questo scatenamento di spot pubblicitari contro il paesaggio, un’invadenza sempre più ossessionante che ha un solo risultato: lo scempio».
Infatti in nessun obelisco compare un cartello, perchè i lavori non sono stati fatti.
Ma se con l’inghippo facessero almeno delle opere per i bisognosi chiuderemmo un occhio, invece se l’imbosca la giunta comunale.
La gente che dorme per strada in genere sono malati che non sopportano di dormire in camerate, devono stare da soli, ma non per questo meritano di morire.
Invece Veltroni lamenta che con la vendita delle case comunali si è realizzato poco, grazie le ha svendute ai politici e a parenti e amici dei politici.
Queste spese fasulle, che sono invece un guadagno le ascrive sul bilancio allo stato, Bilancio che a noi però non fa vedere, che non pubblica su internet.
NOI ABBIAMO IL DIRITTO DI SAPERE COME IL COMUNE E LO STATO SPENDE I NOSTRI SOLDI.
Da noi invece vige una casta spocchiosa e arrogante che domina, a dx e a sx, con la complicità di giornali e Tv pagati dal potere.
I nostri politici sono ricchi come emiri e la gente dorme per strada, e le famiglie fanno debiti perchè non ce la fanno ad arrivare alla fine del mese, e i migliori cervelli espatriano e la mondezza ci ricopre a tutti per le collusioni mafiose.
Hanno rovinato la nostra bella Italia, fino a quando continueremo a tifare per i partiti?”
SINISTRA ARCOBALENO, i Giovani comunicano:
Non appena qualcuno si "permette" di contestare il sovrano viene subito tacciato (se gli va bene di ignoranza e presunzione).
Noi che siamo gente umile e comunque non ci facciamo intimidire, a cui piace studiare prima di parlare puntualizziamo alcune cose.
Noi non facciamo questione di persone ma questione di correttezza amministrativa TUTTI I GIOVANI DISOCCUPATI HANNO DIRITTO AD UN LAVORO DIGNITOSO!!!
1) A proposito di trasparenza le delibere sono pubbliche e tutti hanno diritto di sapere.
2) Devono essere affisse per legge all'albo pretorio.
3) Il sindaco dovrebbe rendere pubbliche anche sul web tutti i suoi STAFFISTI, COLLABORATORI ESTERNI, INCARICHI DI CONSULENZA con i relativi COSTI.
*legge n° 662/1996 art. 1 comma 127, ulteriormente integrata dal Decreto Bersani/2006 art.34 e dal Decreto Leglislativo 165.*
Non ce l'abbiamo con chi è stato assunto e non mettiamo in dubbio le professionalità e le capacità delle persone individuate.
Questa delibera è stato solo un esempio, infatti, ce ne sono tante altre simili in questi anni.
QUELLO CHE SI CONTESTA E' IL METODO ADOTTATO...TUTTI DEVONO AVERE LA POSSIBILITA' DI FAR CONOSCERE LE PROPRIE COMPETENZE E CONFRONTARLE CON GLI ALTRI POSSIBILI CANDIDATI... perchè la norma dà solo la facoltà di assumere persone di fiducia, ma qui a Plagiano di questa facoltà è stato fatto uno scempio.
CE N'EST QU'UN DEBUT.....
I giovani della SINISTRA L'ARCOBALENO.....
lunedì 11 febbraio 2008
VELTRONI, L'UOMO CHE LE AVEVA GIA' STUDIATE TUTTE!
Per chi non l’avesse ancora capito, ci sono le elezioni.
Pronunciate nel loft del Circo Massimo, le parole di Goffredo Bettini hanno sbattuto in faccia agli altri azionisti del Partito democratico la scomoda verità.
Altro che primarie, altro che candidature scelte collegialmente: nel partito comanda lui, Walter Veltroni, detto Walterissimo.
Tutto il resto è noia.
Dunque il Partito democratico sarà a immagine e somiglianza del suo leader.
Le elezioni anticipate sono un’occasione troppo ghiotta.
A cominciare dalle candidature.
L’escamotage per ridimensionare le correnti di Massimo D’Alema, Franco Marini e Romano Prodi, che attraverso Enrico Letta insistevano sulle primarie per selezionare i candidati, è già stato individuato: saranno i segretari regionali, regolarmente eletti appunto attraverso le primarie, a produrre delle proposte di lista, che poi verranno limate a livello centrale.
Liste, insiste Veltroni, che dovranno certificare l’alternanza tra uomini e donne; molto più del rapporto 65-35 proposto anche dal viceleader, Dario Franceschini.
Una novità che da sola porterebbe al rinnovamento di circa un terzo del personale parlamentare del Pd.
Una rivoluzione rosa, anzi rosa shocking.
A pagarne le conseguenze saranno senatori e deputati con tre mandati alle spalle, tranne una trentina di big tra i quali vanno compresi, oltre a D’Alema e Marini, ministre, ex ministre e donne di punta come Rosy Bindi, Anna Finocchiaro, Livia Turco, Barbara Pollastrini.
Non riotterranno la poltrona personaggi come Luciano Violante, Ciriaco De Mita, Anna Serafini, Sergio Mattarella e altri.
Resteranno fuori dalle liste anche molti di quei parlamentari (e sono circa il 75 per cento) alla loro prima o seconda legislatura.
Dalemiani e mariniani, in gran parte.
Sostituiti dall’onda lunga veltroniana.
E già, perché la base organizzativa del programma elettorale democratico è sintetizzabile in un titolo: “Veltroni pigliatutto”.
E non solo nel partito.
Il sindaco di Roma uscente punta anche a liquidare quel che resta della vecchia Unione, a cristallizzare la sua influenza nel sindacato, a imporsi nella società civile, imprenditori compresi.
Pazienza se a spese degli amati-odiati compagni di sempre.
Compagni che sbagliano, per la nuova dottrina veltronista.
Come D’Alema, che insisteva sull’alleanza con la sinistra radicale almeno per il Senato.
Ma Walterissimo lo ha stoppato, e con lui ha stoppato prodiani e mariniani che lo sostenevano.
“A fronte di 18 partiti ci sarà il Pd, che correrà da solo”. Punto.
Il segretario democratico intende usare le elezioni per distruggere i “nanetti” (corresponsabili con le loro intemperanze e i loro diktat del fallimento prodiano), mettendoli di fronte a un dilemma: entrare dentro il Pd ammainando le loro bandiere o misurarsi con le severe soglie di sbarramento del Porcellum per le forze non coalizzate (3 per cento alla Camera e 8 al Senato).
Anzi, contro Bertinotti e compagnia il Partito democratico è pronto a lanciare una campagna di propaganda sul voto utile.
À la guerre comme à la guerre: si spiegherà che dare consenso alla Cosa rossa significherebbe in definitiva rafforzare il centrodestra.
Peraltro, secondo le proiezioni in mano a Bettini, la corsa in solitaria consentirebbe al Pd di conquistare addirittura più parlamentari degli attuali 280.
Più liste non riusciranno a superare gli sbarramenti, meglio sarà per il Pd, che potrà utilizzare anche i loro resti.
Né a Veltroni mancheranno i soldi, finalmente.
Grazie alle elezioni anticipate, i rimborsi elettorali (tra 6 e 8 milioni di euro per le elezioni politiche) finiranno da subito nelle casse del Pd rette dal veltroniano Mauro Agostini.
Se invece la legislatura fosse andata avanti, i rimborsi avrebbero continuato a finire in quelle, ancora funzionanti, della Quercia e della Margherita, poiché il finanziamento “fotografa” per tutta la legislatura il panorama del giorno successivo al voto.
E i rispettivi tesorieri, il rutelliano Luigi Lusi e il dalemiano Ugo Sposetti, si sono rivelati fin qui piuttosto tirchi con Veltroni; soprattutto il secondo, ancora alle prese con i debiti milionari da ripianare del vecchio Pci-Pds-Ds.
Non solo: grazie a una leggina del 2006, anche in caso di scioglimento anticipato della legislatura le forze politiche incassano i rimborsi per l’intero quinquennio.
Per gli ex Ds-Margherita fanno un “regalo” di circa 20 milioni, gran parte dei quali non potrà che essere girata ad Agostini.
Procede, intanto, la campagna acquisti di Walter.
Alla Rai, il punto di riferimento veltroniano più recente è David Sassoli (il prodiano direttore del Tg1 Gianni Riotta è avvisato).
Per il mondo delle imprese è invece Pierluigi Toti.
Non a caso, Veltroni ha annunciato che si dimetterà da sindaco “subito dopo aver approvato il piano regolatore”.
E magari dopo aver controllato lo stato dei lavori della linea C della metropolitana e della Città dello sport in costruzione a Tor Vergata, entrambe affidate al tandem Toti-Caltagirone.
La ricca tornata di nomine pubbliche prevista per il dopo voto consentirà a Veltroni di rinsaldare la presa sul mondo economico.
Anche se al governo ci sarà il centrodestra, l’interlocutore di Palazzo Chigi per la scelta dei nuovi boiardi sarà lui.
Poi c’è il sindacato.
Cisl e Uil, o almeno i loro gruppi dirigenti, sono certamente non ostili al Partito democratico.
La Cgil, invece, sembrava prendesse una rotta ancor più di sinistra.
Ma grazie al lavoro silenzioso del segretario Guglielmo Epifani, uno che sente Veltroni tutti i giorni, le cose hanno preso una piega diversa.
Il sigillo alla fatica veltroniana è la rinuncia di Paolo Nerozzi, potentissimo uomo di tessere e d’apparato, a sostenere la Sinistra democratica di Fabio Mussi e con essa la Cosa Rossa.
A Bertinotti non resta che mezza Fiom, quella dei metalmeccanici di Gianni Rinaldini.
Ma avanza come un carro armato Tito Boeri, inventore del sito Lavoce.info, il più autorevole diffusore di opinioni di politica economica in Italia, spesso controcorrente.
E Veltroni, si sa,ama internet e andare controcorrente.
Un po’ come Prodi.
Il Prof ha scelto di non ricandidarsi.
“Mi dedicherò ai nipoti” ha annunciato.
E però è già pronta per lui la presidenza del Mulino, il think-tank più influente d’Italia.
Poltrona culturale e di prestigio, dalla quale il Prof potrà discettare sulle sorti del Paese in attesa di una rivincita politica e personale, si può star certi, che egli medita.
Approdo futuribile al Quirinale. Veltroni permettendo.
E la storia si ripeterà ancora….come sostengono Brusadelli e Puca.
venerdì 1 febbraio 2008
MASTELLA: QUELLO CHE POCHI RACCONTANO.
Storia di un giornale di partito e una "famiglia come le altre", raccontata dal Direttore del Corriere d'Italia Mauro Montanari.
Il Ministro della Giustizia, Clemente Mastella e sua moglie Sandra Lonardo hanno due figli, Elio e Pellegrino.
Pellegrino è sposato a sua volta con Alessia Camilleri.
Una bella famiglia come le altre, ma con qualcosa in più.
Per sapere cosa, partiamo dal partito di Clemente che, come i più informati sanno, si chiama Udeur.
L'Udeur, in quanto partito votato dall'1,4% degli italiani adulti, ha diritto ad un giornale finanziato con denaro pubblico.
Si chiama "Il Campanile".
Il giornale tira circa cinquemila copie, ne distribuisce 1.500, che in realtà vanno quasi sempre buttate.
A che serve allora -direte voi- un giornale come quello?
Serve soprattutto a prendere contributi per la stampa.
Ogni anno Il Campanile incassa un milione e 331mila euro.
E che farà di tutti quei soldi, che una persona normale non vede in una vita intera di lavoro?
Anzitutto l'editore, Clemente Mastella, farà un contratto robusto con un giornalista di grido, un giornalista con le palle, uno di quelli capace di dare una direzione vigorosa al giornale, un opinionista, insomma.
E così ha fatto.
Un contratto da 40mila euro all'anno.
Sapete con chi?
Con Mastella Clemente, iscritto regolarmente all'Ordine dei Giornalisti, opinionista e anche segretario del partito.
Ma è sempre lui, penserete.
Che c'entra?
Se è bravo. non vogliamo mica fare discriminazioni antidemocratiche.
Ma andiamo avanti.Dunque, se si vuol fare del giornalismo serio, bisognerà essere presenti dove si svolgono i fatti, nel territorio, vicini alla gente.
Quindi sarà necessario spendere qualcosa per i viaggi.
Infatti Il Campanile ha speso, nel 2005, 98mila euro per viaggi aerei e trasferte.
Hanno volato soprattutto Sandra Lonardo Mastella, Elio Mastella e Pellegrino Mastella, nell'ordine.
Tra l'altro, Elio Mastella è appassionato di voli.
Era quello che fu beccato mentre volava su un aereo di Stato al gran premio di Formula Uno di Monza, insieme al padre, Clemente Mastella, nella sua veste di amico del vicepresidente del Consiglio, Francesco Rutelli.
Ed Elio Mastella, che ci faceva sull'aereo di Stato?
L'esperto di pubbliche relazioni di Rutelli, quello ci faceva!
Quindi, tornando al giornale e alle destinazioni, dove andranno a fare il loro lavoro i collaboratori de Il Campanile?
Gli ultimi biglietti d'aereo (con allegato soggiorno) l'editore li ha finanziati per Pellegrino Mastella e sua moglie Alessia Camilleri Mastella, che andavano a raggiungere papà e mamma a Cortina, alla festa sulla neve dell'Udeur. Siamo nell'aprile del 2006.
Da allora -assicura l'editore- non ci sono più stati viaggi a carico del giornale.
Forse anche perché è cominciata la curiosità del magistrato Luigi De Magistris, sostituto procuratore della Repubblica a Catanzaro, il quale, con le inchieste Poseidon e Why Not, si avvicinava ai conti de Il Campanile.Ve lo ricordate il magistrato De Magistris?
Quello a cui il ministro della Giustizia, Clemente Mastella, mandava tutti quei controlli, uno ogni settimana, fino a togliergli l'inchiesta? Ve lo ricordate? Bene, proprio lui!
Infine, un giornale tanto rappresentativo deve curare la propria immagine.
Infatti Il Campanile ha speso 141mila euro per rappresentanza e 22mila euro per liberalità, che vuol dire regali ai conoscenti.
Gli ordini sono andati tra gli altri alla Dolciaria Serio e al Torronificio del Casale, aziende di Summonte, il paese dei cognati del ministro: Antonietta Lonardo (sorella di Sandra) e suo marito, il deputato Udeur Pasquale Giuditta.Ma torniamo un attimo agli spostamenti.
La Porsche Cayenne (4000 di cilindrata) di proprietà di Pellegrino Mastella fa benzina per duemila euro al mese, cioè una volta e mezzo quello che guadagna un metalmeccanico.
Sapete dove?
Al distributore di San Giovanni di Ceppaloni, vicino a Benevento, che sta proprio dietro l'angolo della villa del Ministro, quella con il parco intorno e con la piscina a forma di cozza.
E sapete a chi va il conto?
Al giornale Il Campanile, che sta a Roma.
Miracoli dell'ubiquità.La prossima volta vi racconto la favola della compravendita della sede del giornale.
A quanto è stata comprata dal vecchio proprietario, l'Inail, e a quanto è stata affittata all'editore, Clemente Mastella.
Chi l'ha comprata, chiedete?
Due giovani immobiliaristi d'assalto: Pellegrino ed Elio Mastella.